Telelavoro

Interrogazione di Giovanni Corgnati, Nino Boeti e Davide Gariglio sulla disciplina del telelavoro in Regione Piemonte

 Premesso che 

  • il telelavoro è stato introdotto nel pubblico impiego dall’articolo 4 della legge 16 giugno 1998, n. 191 che ha dettato norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. In base a tale legge le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di forme di lavoro a distanza allo scopo di razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane;
  • l’adozione dell’istituto del telelavoro, sia nelle forme del lavoro a distanza (ovvero svolto in sede diversa da quella di appartenenza), che del telelavoro domiciliare, risponde a molteplici finalità e obiettivi;
  • in particolare il telelavoro consente di introdurre soluzioni organizzative per andare incontro a crescenti richieste di flessibilità della prestazione lavorativa, anche come ausilio a quelle categorie di lavoratrici e lavoratori in situazione di disagio a causa di disabilità psico-fisica o con minori o familiari bisognosi di assistenza o per l’eccessiva lontananza della propria abitazione dal luogo di lavoro;
  • oltre a ciò, il telelavoro consente anche di razionalizzare e adeguare l’organizzazione del lavoro a seguito dell’introduzione delle nuove tecnologie e reti di comunicazione pubblica, realizzando pertanto economie di gestione;

considerato che

  • in Regione Piemonte la disciplina del telelavoro è pienamente operativa dal 2010, anno in cui è stata adottata la D.G.R. n. 25-39 con la quale il telelavoro, nelle sue varie forme, è stato introdotto a regime, al termine della sperimentazione del lavoro a distanza avviata nel 2004 (D.G.R. n. 45-12073 del 23 marzo 2004) e del telelavoro domiciliare del 2006 (Protocollo d’intesa recepito con D.G.R. n. 9-4832 dell’11 dicembre 2006);
  • nel triennio 2010-2013 sono state attivate complessivamente settanta postazioni di telelavoro (tra lavoro a distanza e telelavoro domiciliare) e nel 2014, con l’approvazione del Piano per il telelavoro 2013-2015 (D.G.R. n. 36-7453 del 15 aprile 2014), è stata prevista l’attivazione di altre ottanta postazioni con una spesa pari a 200.000 euro, risorse derivanti dall’intesa tra Governo e Regioni del 25 ottobre 2012;

rilevato che

  • naturalmente non tutte le attività si prestano al telelavoro e, al riguardo, il Responsabile della Struttura regionale proponente il progetto deve determinare il grado di telelavorabilità dell’attività del dipendente escludendo, di fatto, tutte le attività che prevedono o necessitano un contatto diretto con utenza o colleghi, il ricevimento di pubblico a tempo pieno, nonché le attività svolte dal personale nell’ambito dei servizi generali operativi;
  • nell’ambito delle mansioni che è possibile svolgere in regime di telelavoro, in particolare domiciliare, è auspicabile prevedere, contestualmente all’organizzazione del lavoro stesso, modalità di verifica e controllo delle attività e degli obiettivi raggiunti dal dipendente in modo tale da escludere ogni eventuale forma di inadempienza o abuso;

INTERROGA l’Assessore regionale competente per sapere

  • se non ritenga opportuno relazionare riguardo ai criteri vigenti in materia di telelavoro e alla necessità di un loro eventuale aggiornamento, nonché alle mansioni attualmente affidate, al numero dei dipendenti coinvolti, oltre che alle eventuali verifiche e controlli svolti ed ai loro esiti.