No al trattato CETA: tuteliamo gli interessi dei cittadini e delle imprese agricole

Il Consiglio regionale del Piemonte, premesso che

  • il Canada è il 12° partner commerciale più importante dell’Unione europea, mentre l’Unione europea è, per il Canada, il secondo partner dopo gli Stati Uniti e rappresenta quasi il 10% del suo commercio estero;
  • lo scorso 15 febbraio, il Parlamento europeo ha dato il proprio consenso alla conclusione del Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), un Accordo economico e commerciale globale tra l’Unione europea e il Canada, firmato il 30 ottobre 2016, che si pone i seguenti obiettivi fondamentali: procedere alla progressiva liberalizzazione degli scambi assicurando alle merci dell’altra Parte il trattamento disposto a livello nazionale; avviare un’attività di riduzione o soppressione reciproca dei dazi doganali sulle merci; assicurare l’astensione dall’adozione o dal mantenimento in vigore di divieti o restrizioni all’importazione di merci dell’altra Parte o all’esportazione e alla vendita per l’esportazione di merci destinate al territorio dell’altra Parte;
  • il CETA è un accordo a natura mista per la cui entrata in vigore è necessaria la ratifica da parte di ciascun Stato membro secondo le rispettive disposizioni nazionali; in Italia è in corso di approvazione la legge di ratifica. Con decisione (UE) 2017/38 del Consiglio del 28 ottobre 2016 è stata, tuttavia, prevista la possibilità di applicazione provvisoria dell’Accordo;

considerato che

  • all’entrata in vigore dell’Accordo è previsto l’annullamento di circa il 98% di tutte le tariffe dell’Unione europea, ma, d’altra parte, la cooperazione regolamentare conduce alla graduale eliminazione delle regole che, nei diversi settori della sanità pubblica, della sicurezza degli alimenti, della protezione dei consumatori e dell’ambiente, possono essere ritenuti di ostacolo alla libertà del commercio;
  • a fronte dei presunti benefici attesi, il CETA introduce sostanzialmente un meccanismo di deregolamentazione degli scambi e degli investimenti che non giova alla causa del libero commercio e pregiudica in modo significativo la competitività e l’identità del sistema agroalimentare nazionale;
  • i vantaggi in termini di crescita degli scambi e dell’occupazione conseguenti all’applicazione dell’Accordo risultano, infatti, dubbi o assai limitati e comunque non tali da giustificare i rischi insiti nell’Accordo stesso;
  • si crea un uniforme piano di scambio ed una comune piattaforma di competizione transatlantica tra le imprese agricole europee e nordamericane, in cui queste ultime risultano, però, avvantaggiate dalla completa asimmetria regolatoria, che consentono alle stesse di beneficiare di significative economie di scala e di ridotti costi di produzione conseguenti ai bassi standard produttivi e di sicurezza normativamente imposti;
  • nel CETA manca, poi, il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione, che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente. Il Trattato, infatti, non contiene alcuna disposizione volta a garantire il rispetto di tale principio, anzi, ci sono delle previsioni che ne limitano o contraddicono l’applicazione. In particolare, si fa riferimento al principio di precauzione nell’accezione proposta dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che condiziona l’adozione di eventuali misure restrittive ad evidenze scientifiche circa l’esistenza di un rischio ambientale o sanitario e alla dimostrazione che non si determini una restrizione del commercio internazionale;
  • nel CETA non vi è alcuna clausola che comprenda il tema dei diritti dei lavoratori;
  • il CETA include, inoltre, l’Investment Court System (ICS), un sistema di risoluzione delle controversie sugli investimenti che permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati e l’Unione europea dinnanzi a una corte arbitrale. Il sistema di risoluzione delle controversie a beneficio degli “investitori del Canada” contro gli Stati membri e l’Unione europea influenzerà le condizioni essenziali per l’esercizio della sovranità nazionale, nonché il principio di uguaglianza e quello di indipendenza e di imparzialità dei giudici;
  • con il CETA, con riguardo al settore agricolo, il Canada eliminerà i dazi per il 90% dei prodotti agricoli al momento dell’entrata in vigore dell’accordo e per il 91,7% dopo una transizione di sette anni. L’Unione europea eliminerà il 92,2% dei dazi agricoli all’entrata in vigore dell’accordo ed il 93,8% dopo sette anni. I vantaggi derivanti dall’Accordo sono solo apparenti, considerando, ad esempio, che l’Italia importa dal Canada 1,2 milioni di tonnellate di grano duro ed esporta in Canada circa 23.000 tonnellate di pasta soltanto, vale a dire circa l’1,4% delle esportazioni mondiali di pasta che ammontano ad oltre 1 milione e seicentomila tonnellate l’anno;
  • inoltre, l’abbattimento istantaneo e quasi totale dei dazi attiverà significativi flussi di importazione competitiva sotto il profilo dei prezzi ma con scarsi standard qualitativi e di sicurezza, in ragione della mancanza di un sistema di regole che tuteli i consumatori e assicuri evidenza e trasparenza sull’origine delle materie prime;
  • il CETA semplifica e vanifica il complesso sistema di regole di produzione, di protezione della qualità e dell’ambiente vigente a livello comunitario e nazionale, rispondendo all’unico criterio della facilitazione commerciale ed affidando valutazioni e giudizi di conformità e responsabilità, in modo permanente, a più di una decina di Commissioni apposite create dal Trattato e sottratte allo scrutinio giurisdizionale, tecnico e parlamentare, sia di livello comunitario che nazionale;
  • sul fronte dell’export agroalimentare, all’Italia sono riconosciute appena 41 indicazioni geografiche a fronte di 291 Dop e Igp registrate; con la conseguente rinuncia alla tutela delle restanti 250 ed impatti gravissimi sul piano della perdita della qualità del nostro made in Italy;
  • la tutela delle indicazioni geografiche riconosciute non impedirà l’utilizzo in Canada di indicazioni analoghe per coloro che abbiano già registrato o usato commercialmente tale indicazione (sono compresi nell’eccezione formaggi, carni fresche e congelate e carni stagionate). In sostanza, si potrà continuare a vendere “prosciutto di Parma” canadese, in coesistenza con quello DOP italiano;
  • al contempo, il CETA consentirà le “volgarizzazioni” legate ai nomi dei prodotti tipici dell’italian sounding (ad esempio, il Parmesan) e la convivenza sul mercato con le denominazioni autentiche dei nostri prodotti. La combinazione del principio della «fabbricazione sufficiente» con il criterio del codice doganale, inoltre, renderà di fatto impossibile l’evidenza dell’origine del prodotto;
  • il CETA introduce, infine, l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie, che consentirà di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto e che, quindi, permetterà ai prodotti canadesi di non sottostare a nuovi controlli nei Paesi in cui verranno venduti, dimostrandone semplicemente l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte. Tale meccanismo è estremamente rischioso per la salute dei consumatori, considerando che, ad oggi, in Canada sono impiegate molte sostanze vietate nell’Unione europea, tra cui, a mero titolo di esempio, il glifosato in fase di pre-raccolta del grano. Inoltre, in Canada vi è un diffuso impiego di ormoni negli allevamenti, non consentito in Italia;

 

ritenuto che

  • l’Unione Europea e i suoi partner dovrebbero orientarsi verso politiche commerciali multilaterali e bilaterali al servizio dell’interesse generale, della qualità dello sviluppo e della cooperazione tra paesi e aree regionali;
  • in un momento di grave crisi come l’attuale, in cui il nostro Paese è alla ricerca di azioni e risorse per il rilancio dell’economia e della crescita occupazionale, il made in Italy e, in particolare, quello agroalimentare – universalmente riconosciuto come straordinaria leva competitiva “ad alto valore aggiunto” per la crescita del Paese – debba essere adeguatamente tutelato e sostenuto, agendo nella direzione di ragioni di scambio improntate alla democrazia economica e alla salvaguardia dei diritti dei consumatori e delle imprese;

appreso che

  • sebbene gli accordi di libero scambio dovrebbero essere posti anche al servizio di obiettivi più alti quali l’occupazione, i diritti umani, la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile, con riguardo all’impatto del Trattato non è stata, in realtà, realizzata a livello nazionale – o quantomeno pubblicata – alcuna preventiva valutazione condivisa con le due Camere, i portatori d’interesse e i cittadini ed è, inoltre, mancata la trasparenza dei negoziati, a partire da una definizione dei mandati affidati ai negoziatori;

Tutto ciò premesso e considerato IMPEGNA la Giunta regionale del Piemonte

  • anche in ragione della necessità di tutelare gli interessi dei cittadini e delle imprese agricole della nostra Regione, ad intraprendere iniziative per sollecitare il Governo e il Parlamento italiano a sospendere l’entrata in vigore nel nostro Paese, anche in via provvisoria del Trattato CETA.