Riorganizzazione del servizio di ristorazione scolastica

Premesso che 

  • i servizi a domanda individuale trovano classificazione nel D.M. 31 dicembre 1983, emanato in attuazione del D.L. 28 febbraio 1983 n. 55, come convertito dalla legge 26 aprile 1983 n. 131. La refezione scolastica rientra in tale categoria di servizi ed è, quindi un’attività gestita direttamente dall’ente, utilizzata a richiesta dell’utente;
  • con Ordinanza n. 22390 del 9 settembre 2016 la Prima Sezione Civile del Tribunale di Torino, tenendo conto della natura di servizio a domanda individuale della ristorazione scolastica, ha stabilito che gli studenti hanno diritto a consumare a scuola un pasto portato da casa;
  • la questione giudiziaria prende spunto dall’azione promossa da una cinquantina di famiglie di alunni della scuola primaria che hanno chiesto di poter scegliere, per i propri ragazzi, tra il servizio di refezione offerto dal Comune e la consumazione a scuola di alimenti preparati a casa. Sulla questione il Tribunale di Torino si era già pronunciato lo scorso mese di giugno dando ragione alle famiglie ricorrenti. Le decisioni sono state appellate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e sono state confermate dall’Ordinanza sopra citata (per la quale è annunciato ricorso in Cassazione), in cui si stabilisce che il diritto allo studio non possa essere subordinato all’adesione a un servizio come quello di refezione;

considerato che 

  • fermo restando che la pronuncia del Tribunale di Torino va, in quanto tale, applicata anche se, dal punto di vista dell’organizzazione del servizio, pone notevoli interrogativi (come quello legato alle regole di convivenza da stabilire per l’utilizzo di uno stesso refettorio sia da parte di chi utilizza il servizio mensa, sia da parte di chi consuma il pasto domestico), il tema necessita di un indispensabile approfondimento per superare tutte le criticità che la coesistenza del consumo dei pasti forniti dalla refezione e di quelli preparati a domicilio comporta, nonché un intervento urgente da parte del legislatore per disciplinare una questione che, al momento, non trova una definizione a livello normativo e che non può essere lasciata solo a soluzioni di natura giudiziaria;

rilevato che 

  • l’inserimento della mensa nel tempo-scuola rappresenta un’importante conquista per la collettività, esito dell’impegno e delle istanze espresse anche dai genitori entrambi lavoratori che, grazie a tale servizio, sono state sgravati dall’ulteriore compito di dover provvedere al pasto scolastico dei figli;
  • il tempo-mensa costituisce un presidio di educazione alimentare, perché insegna ai bambini cosa mangiare e le giuste quantità dei cibi. I menù quotidiani della refezione scolastica vengono approvati dalle ASL in modo da garantire un corretto bilanciamento nutrizionale contribuendo, altresì, a contrastare stili alimentari scorretti che possono condurre all’obesità infantile. In tal senso è emblematico quanto registrato in alcuni istituti scolastici nel corso dei primi giorni di consumo del pasto domestico: si sono, infatti, verificati episodi di alunni che si presentano a scuola con porzioni spropositate di pizza o pasta, mentre altri, all’opposto, con un solo vasetto di yogurt;
  • il tempo-mensa riveste anche un notevole valore sociale ed educativo, in quanto, da un lato, consente di eliminare le differenze di ceto e di possibilità economiche e, dall’altro, permette di conoscere abitudini alimentari differenti e di sperimentare l’autonomia (si pensi alle esperienze di bambini che collaborano alla buona riuscita del servizio di refezione). La separazione in mensa dei bambini che consumano i pasti della refezione scolastica da quelli che consumano il pasto da casa inoltre può diventare una forma di emarginazione negativa: mangiare insieme è un modo per sentirsi parte del gruppo, dal pasto passa la costruzione del senso di sé e del valore di ciascun bambino;
  • inoltre, la refezione scolastica negli anni ha assunto un peso sempre maggiore consentendo lo sviluppo di numerose aziende di ristorazione collettiva che danno lavoro a migliaia di addetti, in maggioranza donne, per cui un’eventuale contrazione del numero degli utenti avrebbe anche ricadute negative a livello occupazionale;

sottolineato come 

  • sia indispensabile l’impegno da parte delle Istituzioni per far passare il tempo-mensa dallo status di servizio a domanda individuale a fabbisogno standard, eventualmente intervenendo sugli aspetti segnalati come critici dall’utenza e introducendo nuove forme di agevolazioni;
  • l’assenza, al momento, di linee di indirizzo da parte delle Istituzioni e delle autorità di sorveglianza preposte (in primis le Aziende sanitarie) comporta il fatto che le decisioni organizzative vengano prese dai singoli dirigenti scolastici, in accordo con l’amministrazione comunale, senza alcuna organicità e dando adito, al contrario, a soluzioni diverse nello stesso ambito territoriale;
  • lo scorso 23 settembre l’assemblea dell’Associazione nazionale dei dirigenti scolastici (ANDIS) ha approvato un documento in cui si precisa come, in assenza di tali irrinunciabili linee di indirizzo sia impossibile dare inizio al consumo a scuola del pasto domestico, pur nel pieno rispetto delle sentenze del tribunale di Torino;

IMPEGNA la  Giunta regionale

  • a sollecitare il Governo ed il Parlamento affinché venga emanata una norma specifica in materia che chiarisca il ruolo educativo e sociale del tempo-mensa evitando quindi il protrarsi dell’attuale condizione di disomogeneità riguardo all’organizzazione di un servizio di ristorazione scolastica;
  • nelle more di tale auspicato ed indispensabile intervento normativo, a emanare in tempi brevi univoche direttive igienico-sanitarie a sostegno dell’azione degli Enti locali. 

Torino, 27 settembre 2016 

Prima firmataria            Silvana ACCOSSATO