Psicologia penitenziaria in Piemonte

Il Consiglio regionale del Piemonte,
premesso che

  • la psicologia penitenziaria rappresenta un ambito della psicologia clinica e di comunità e condivide parte delle basi teoriche e metodologiche della psicologia giuridica e forense, contribuendo al processo riabilitativo della persona condannata/internata come previsto dall’articolo 27 della Costituzione italiana;
  • la figura dello psicologo penitenziario trova il suo fondamento nell’articolo 80 della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, dove si prevede che, per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l’amministrazione penitenziaria possa avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, corrispondendo loro onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate;
  • in particolare lo psicologo penitenziario interviene nelle attività di osservazione diagnostica, al fine di contribuire alla definizione di un percorso trattamentale e riabilitativo del detenuto, volto a stimolare un cambiamento funzionale e al superamento del disagio psico-sociale e delle difficoltà di adattamento legate alla condizione restrittiva e ad abilitare la persona a una progressiva partecipazione sociale. Viene chiamato, inoltre, a rispondere a quesiti prognostici specifici quali il rischio di recidiva, la pericolosità sociale alla base di un’adeguata capacità di revisione critica;
  • presso i principali istituti di pena, come il carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, è inoltre attivo il Servizio di psicologia penitenziaria “Accoglienza”(da attivarsi entro le 48 ore dall’ingresso), finalizzato a tutelare l’incolumità fisica e psicologica delle persone al momento dell’ ingresso nel carcere e a intercettare i segni del disagio per la privazione della libertà e i rischi di condotte autolesive, come previsto dall’articolo 32 della Costituzione italiana (“Diritto alla salute”).

 

considerato che

·               con DPCM 1 aprile 2008, in attuazione dell’articolo 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato disciplinato il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria, prima di allora in capo al Ministero della Giustizia;

  • tale decreto non ha avuto piena attuazione, non essendo stato perfezionato il passaggio al Servizio Sanitario Nazionale degli psicologi penitenziari, esperti ex articolo 80 legge 26 luglio 1975, n. 354, i quali, operanti da molti anni presso gli istituti penitenziari in condizioni di stabile precarietà, sono pertanto rimasti in carico al Ministero della Giustizia, equiparati, nei compiti e nelle funzioni, ai criminologi, con disparità di trattamento rispetto ad altri operatori, come ad esempio gli addetti al presidio tossicodipendenze, inquadrati in base alla stessa convenzione prevista dal citato articolo 80;

considerato altresì che

  • nonostante la pronuncia contraria del TAR del Lazio, sezione prima quater (sentenza n. 06738/2015), risultano a oggi sostanzialmente in vigore le disposizioni contenute nella circolare n. 3645/6095 del 11 giugno 2013, con la quale il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, direzione generale del personale e della formazione, ha disposto nuove modalità di selezione degli esperti ex articolo 80 della menzionata legge n. 354/1975;
  • risultano in particolare azzerati gli elenchi di esperti già selezionati e impiegati dalla stessa amministrazione penitenziaria, con ulteriori possibili conseguenze negative sulla condizione lavorativa e sui servizi attualmente prestati dai professionisti del settore;
  • sempre a seguito del DPCM sopracitato, in ambito della giustizia minorile, gli esperti psicologi ministeriali, nel suddetto periodo, non sono stati né assorbiti dal Ministero della Sanità né dall’Amministrazione penitenziaria costretti così ad interrompere il rapporto di consulenza;

 

constatato che

  • nella sua relazione del 2015 il Garante Regionale dei diritti per i detenuti ha evidenziato come “la situazione della salute in carcere sia uno dei principali problemi denunciati e comunque la sicurezza sanitaria percepita dai reclusi appaia oggi persino diminuita con il passaggio alla responsabilità del Servizio Sanitario Nazionale”;
  • come da diversi anni è denunciato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, una delle principali ragioni di tale percezione risiede anche nell’attuale gestione inefficiente e inefficace dei servizi di psicologia penitenziaria, che risentono della mancanza di spazi idonei, della cattiva gestione dei tempi di lavoro, di un monte ore mensile individuale dedicate non commisurato alla domanda elevata delle popolazione carceraria, oltre che della già menzionata precarietà di impiego in cui vivono gli operatori del settore;

preso atto che

  • il recente Accordo Nazionale recante “Linee guida in materia di modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria degli Istituti Penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali”, recepito dalla Regione Piemonte con DGR n. 20-1542 dell’ 8 giugno 2015, all’articolo 2 prevede tra l’altro che le Aziende sanitarie elaborino con le Direzioni penitenziarie “protocolli operativi volti a definire le modalità di collaborazione tra gli operatori sanitari e gli operatori penitenziari per l’individuazione precoce del disagio dei detenuti e per la riduzione del rischio di suicidio e di autolesionismo in ambiente penitenziario secondo quanto previsto dall’accordo della Conferenza Unificata del 19/01/2012. Gli interventi sono effettuati all’ingresso e durante tutto il periodo di permanenza della persona nell’istituto di pena e assicurano la continuità della presa in carico, attraverso il collegamento con le Aziende sanitarie del territorio di residenza del detenuto”;
  • il detto Accordo specifica all’articolo 6 che le Aziende sanitarie “sono titolari della gestione di tutte le attività dedicate alla tutela della salute della popolazione detenuta e dei bambini al seguito di madri detenute, laddove presenti. A tal fine dispongono che la propria organizzazione sia oggetto di un’attività di valutazione e miglioramento della qualità a cadenza almeno annuale”;
  • all’articolo 8 (Norma finanziaria) dello stesso documento si precisa inoltre che “a decorrere dall’esercizio finanziario 2016 i criteri di riparto delle risorse finanziarie assegnate alle Regioni e PA per la sanità penitenziaria terranno conto dell’attuazione del presente Accordo”;

IMPEGNA

la Giunta regionale del Piemonte

  • alla luce di quanto esposto, ad attivarsi presso il Governo e gli organi ministeriali competenti affinché venga riconosciuta piena natura sanitaria alle prestazioni di psicologia penitenziaria;
  • ad assicurare adeguate risorse umane, opportunamente formate nel settore della psicologia penitenziaria, in modo tale da commisurare l’offerta alla richiesta effettiva del servizio;
  • a promuovere la formazione permanente di tale operatori al fine di svilupparne professionalità e competenze consone ai sopracitati compiti affidati.