
In Italia cresce più il cemento che la popolazione. Sono parole forti quelle che ISPRA sceglie per presentare il rapporto 2020 sul consumo di suolo in Italia. “Un’equazione a cui purtroppo non sfugge neppure il Piemonte – commenta il consigliere regionale Domenico Rossi – che ha consumato oltre 170 mila ettari nel 2019”.
Il 6,7% della superficie totale della regione è stato consumato nel 2019 con la provincia di Novara a detenere il triste primato in Piemonte con l’11,06% in più del proprio territorio ricoperto di cemento nell’ultimo anno. “Una tendenza che va invertita al più presto: ormai sappiamo che il nostro futuro è strettamente connesso a quello della natura che abitiamo e che occorre ripensare le politiche di sviluppo e ambientali del Paese e incentivare visioni e pratiche circolari” spiega Rossi. “Continuiamo a vivere come se il suolo fosse una risorsa rinnovabile o di cui possiamo fare a meno. I suoli, invece, sono essenziali per la vita sulla terra” aggiunge il consigliere Dem.
“Siamo nell’era in cui ci è richiesta una svolta ecologica, come ci ricordano spesso migliaia di giovani in tutto il mondo, ma continuano a imporsi pratiche e comportamenti predatori nei confronti dell’ambiente” osserva Rossi che sollecita “maggiore coraggio da parte di tutti e un approccio più radicale su questo tema, altrimenti molti discorsi rischiano di suonare come ipocriti”.
“E’ ora di pensare diversamente e mettere in campo proposte che invertano concretamente la rotta” precisa il consigliere regionale. “La commissione Europea – prosegue – ha indicato la salute e la tutela dei suoli come una delle 5 grandi sfide dell’umanità. Facciamo nostra questa sfida in tutti i livelli istituzionali a partire dal governo. Io non mancherò di portare queste istanze in Regione Piemonte dove i primi interventi della Giunta Cirio vanno, purtroppo, nella direzione opposta”.
“Anche le prossime amministrative di Torino e Novara – conclude Rossi – devono occuparsi di questo tema e porlo come irrinunciabile. Non si tratta di contrapporre ambiente e lavoro o sviluppo, ma di abbandonare pratiche sbagliate che lasciano tutto il peso sulle future generazioni e scegliere nuovi modelli e nuove pratiche, peraltro già esistenti, che tengano insieme cura del pianeta e cura dell’uomo”.