FORMAZIONE PROFESSIONALE: CON IL DDL CHIORINO RISCHIO DI ASSALTO ALLA DILIGENZA DA ENTI CON SCOPO DI LUCRO

Nell’ambito della terza commissione consiliare regionale, in cui oggi è iniziato l’esame del DDL Chiorino di riordino delle politiche per il lavoro, l’orientamento permanente e la formazione professionale, abbiamo espresso contrarietà all’apertura a soggetti profit della formazione in obbligo di istruzione e della formazione per disoccupati. Riteniamo infatti che queste tipologie di formazione debbano restare riservate a enti no profit, che reinvestono gli utili nella loro attività, per accrescere gli standard di qualità, il benessere degli utenti e dei dipendenti, offrendo maggiori garanzie all’ente pubblico regionale erogatore dei fondi.

L’utenza più fragile che caratterizza la IeFP (Istruzione e Formazione Professionale in assolvimento dell’obbligo di istruzione) e “la direttiva mercato del lavoro per disoccupati” non può essere esposta a un far west di enti con scopo di lucro vocati alla massimizzazione del profitto.

In questa fase complessa, sommare la revisione del modello di accreditamento, il raggiungimento dei target PNRR, l’avanzamento del PR FSE, la nuova sperimentazione delle Academy, il nuovo sistema orientamento, all’ingresso di soggetti profit pare davvero insostenibile.

Il sistema piemontese della formazione, che rappresenta un’eccellenza nazionale, con grandi risultati in termini di riduzione della dispersione scolastica e con radici nell’800 dei santi sociali, rischia di saltare ed essere smontato.

Confindustria Novara ha appena costituito un Ente di formazione no profit per lavorare nell’Academy: non ci sembra quindi che il no-profit rappresenti un ostacolo ad ammettere nuove esperienze nel sistema, anche di estrazione datoriale.

Conservare l’attuale assetto degli operatori, con il miglioramento dell’accreditamento, può essere un bene innanzitutto per la Regione che in alternativa dovrà gestire un numero non identificato di nuovi soggetti, che faranno istanza di accreditamento.

Inoltre non è ammissibile mettere in concorrenza le tipologie contrattuali: laddove ci sono contratti diversi occorre avere medesime condizioni e tutele per i lavoratori.

Un’apertura ampia a nuovi soggetti rischia di creare un vero e proprio assalto alla diligenza dei fondi per la formazione che invece devono avere una ricaduta locale e puntuale sulle azioni promosse da Regione.